Buongiorno!

Tra pochi mesi saranno già passati 30 anni dalla sua scomparsa, ma il suo stile ironico e irriverente è ricordato ancora oggi come uno dei paradossi più riusciti della storia della moda. Sto parlando di Franco Moschino, l’eccentrico fondatore dell’omonima maison.

Nato ad Abbiategrasso nel 1950, Moschino mostra di avere una spiccata propensione nei confronti dell’arte e del disegno fin da giovanissimo. Rimasto orfano di padre a soli 8 anni e cresciuto da uno zio, non ci pensa molto quando, nel 1967, decide di trasferirsi a Milano per frequentare dapprima l’Accademia di Brera e poi l’Istituto Marangoni.

A soli 21 anni inizia la sua carriera da Gianni Versace, disegnando bozzetti per una campagna pubblicitaria. Ventiseienne, viene assunto dal marchio Cadette per prendere il posto di stilista (anche se lui si definiva “pittore, decoratore”) precedentemente occupato da Walter Albini.

 

Nel 1983 si sente pronto a compiere il grande passo e mettersi in proprio, e fonda l’azienda Moonshadow, che gli permette di dare vita al suo marchio omonimo: Moschino.

Fin dalla prima sfilata i suoi abiti si contraddistinguono per l’ironia di fondo: parodizzano lo stesso mondo della moda deformandone i canoni attraverso gli strumenti del surrealismo, corrente artistica che rappresenta per lui una costante fonte di ispirazione. Il pubblico li adora, i colleghi un po’ meno.

“Se non potete essere eleganti siate almeno stravaganti”, è uno dei suoi motti più celebri.

Ed effettivamente di stravaganze ne produce parecchie: la giacca di un tailleur con posate d’oro al posto dei bottoni, un’altra stampata come fosse una pagina della Gazzetta dello Sport, il tubino bersaglio, l’abito coccinella, la gonna fatta di cerniere.

 

La prima linea, Moschino Couture!, presto viene affiancata dalla seconda linea più economica, la celeberrima Cheap & Chic, da donna e da uomo.

 

Nel 1989 inaugura la prima boutique monomarca, a via S. Andrea a Milano, cui presto segue la seconda, a via Durini. Nel 1991 lancia una campagna ambientalista e, coerentemente, decide di non far più sfilare le sue creazioni in passerella.

 

L’anno prima della sua morte, Milano celebra i 10 anni del marchio con una mostra-retrospettiva, mentre Franco pubblica il libro X anni di caos. Nello stesso anno, i suoi abiti storici sfilano sulle passerelle del Teatro Nazionale: la sfilata si conclude con un gruppo di uomini, donne e bambini vestiti di bianco con appuntati al petto i nastri rossi dell’AIDS. L’impegno di Franco nella lotta alla piaga che aveva devastato gli anni ’80 si concretizza in una fondazione.

 

Nel settembre del 1994, Franco Moschino muore nella sua casa ad Annone di Brianza, stroncato da un infarto.

Sarà Rossella Jardini, sua storica assistente, a raccoglierne l’eredità e a guidare il marchio in qualità di direttrice creativa per i vent’anni a seguire.

 

“Il motivo per cui faccio questo lavoro è perché iniziai come pittore.
Fare soldi nell’arte era difficile.
Il modo più semplice per guadagnare era usare l’arte in qualche altro modo.
Una delle cose più facili e interessanti dal punto di vista economico è stata la moda.
La moda paga”.

(Franco Moschino)

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